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CHEWE: DIECI ANNI, DIECI CHILI - Il peso della vita, la forza della solidarietà.

  • Immagine del redattore: Cristina Fazzi
    Cristina Fazzi
  • 30 ago
  • Tempo di lettura: 3 min

Aggiornamento: 31 ago

Una giornata d’ambulatorio

Ieri, venerdì. Giornata d’ambulatorio. Arrivo a Kantolomba, dove la nostra Ishuko Clinic è, come sempre, piena di mamme, zie e nonne in attesa di una visita. Davanti a me si presentano neonati, bambini, bambine, ragazzi, ragazze e adolescenti… tutti in fila, con i loro occhi che chiedono attenzione, cure e ascolto.

I pazienti entrano uno dopo l’altro, in silenziosa attesa del loro turno. Dopo la visita, escono stringendo in mano la prescrizione e si dirigono allo sportello, dove ricevono gratuitamente i farmaci indicati. Questo servizio di assistenza sanitaria gratuita rappresenta un aiuto fondamentale per le famiglie più fragili che vivono nelle povere periferie urbane di Ndola.


L’incontro con Chewe

All’improvviso, sulla porta compare la figura di un bambino. È magro, scarno, con occhi e bocca grandi che spiccano su un viso piccolo, segnato da zigomi sporgenti. Al suo fianco, una donna giovane, sulla trentina.

Con voce esitante mi dice:

“Badoctor (Ba è un prefisso che indica rispetto), ha la tosse da tre giorni.”

Lo guardo meglio. Penso abbia circa sei anni d'età , ma il volto porta i segni di un bambino più grande, che ha conosciuto la sofferenza troppo presto.

“Come ti chiami?” “Chewe.”

“Quanti anni hai?” “Dieci.”

Gli sorrido, cercando di trasmettergli fiducia, e nella mano gli metto due caramelle.

“Puoi toglierti i vestiti, per favore, così ti visito?”

Chewe abbassa lo sguardo e con timidezza si spoglia. Indossa solo un vecchio paio di pantaloni e una maglia grigia, logora e consumata. Nulla di più. Mentre lo visito, sento lo stomaco che gli brontola per la fame. Nonostante gli anni di esperienza nella lotta alla malnutrizione, confesso che fatico a trattenere le lacrime.

Lo peso: dieci anni, dieci chili. Malnutrizione severa e ritardo della crescita.


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Quando i bambini sono piccoli, sotto i cinque anni, non hanno ancora piena consapevolezza della loro condizione. Lui sì. Nei suoi occhi leggevo una tristezza composta, fatta di imbarazzo e di cronica sofferenza.

“Chewe, cosa hai mangiato stamattina a colazione?” “Niente.”

“E ieri?” “Niente. Non facciamo mai colazione.”

“E ieri a pranzo?” “Tre cucchiai di riso e un bicchiere di tè. Ma non pranziamo tutti i giorni.”

“E la cena, ieri sera?” “Nshima (polenta di mais). Però non ceniamo sempre. Due giorni fa non ho mangiato nulla.”

Le sue parole mi stringono il cuore.


Una famiglia fragile

La donna che lo accompagna prende la parola, con voce sommessa:

“Sua madre è morta di cancro l’anno scorso. Il padre, non so dove sia. Io l’ho preso con me, è mio nipote. Ma non ho grandi possibilità. Sono vedova, con tre figli. Mio marito è morto fulminato mentre lavorava nei campi. Faccio qualche lavoretto, ma con quattro bambini non è semplice.”

Questa storia è purtroppo simile a quella di tante altre famiglie che incontriamo nei nostri progetti sociali e sanitari in Zambia: padri assenti, vedove, orfani, bambini vulnerabili che lottano ogni giorno per la sopravvivenza.


Nutrizione e solidarietà: un sorriso che illumina

Inserisco immediatamente Chewe e la sua famiglia nel nostro programma nutrizionale e organizzo i controlli clinici settimanali. Chiedo ai miei collaboratori di portare il supplemento alimentare. Arriva il sacco di farina da 25 chili. Chewe scatta dalla sedia e corre alla porta dell’ambulatorio.

“È per me?” “Sì, per te e la tua famiglia. E ci sono anche uova, olio, zucchero e latte.”

Il suo volto smunto e scavato si illumina all’improvviso. Un sorriso grande gli esplode sul viso e mi spalanca il cuore.

E penso: "se anche fossi rimasta venticinque anni in Zambia solo per questo sorriso, ne sarebbe valsa la pena."



Vi ricordo che, se desiderate sostenerci, potete farlo attraverso JATU A.P.S. E.T.S., la nostra referente in Italia, che condivide con noi i valori e la visione dei nostri progetti umanitari. Grazie al vostro aiuto potremo continuare a dare vita a nuove storie d’amore e di speranza, insieme.

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